di Giuseppe Nigro
(ripreso dal sito della Società Storica Saronnese https://www.societastoricasaronnese.it/)
Costituita nel 1918, la società CEMSA (Costruzioni Elettromeccaniche Saronno), Società per Azioni, partecipata per il 50% dalla Società Anonima Italiana Ing. Nicola Romeo & C. di Milano, concluse la sua vicenda in meno di tre lustri, quando il 18 febbraio del 1932, dopo ripetute svalutazioni furono avviate le procedure di fallimento
Lo stabilimento saronnese (Maschinenfabrik filiale di Esslingen) nato alla fine dell’Ottocento, grazie a capitali stranieri, tedeschi in particolare, era entrato a far parte del complesso di aziende dell’ ing. Nicola Romeo, formalmente nel 1918, con una fortunata operazione finanziaria sostenuta dalla Banca Italiana di Sconto e dal Credito Italiano riscattando in marchi inflazionati l’azienda, secondo un accordo stabilito prima della guerra.
La società appositamente costituita per la valorizzazione e il rilancio dello stabilimento saronnese ebbe come presidente Ugo Ojetti, all’epoca giornalista del Corriere della Sera di cui sarà direttore negli anni che vanno dal 1926 al 1927, mentre Nicola Romeo mantenne per sé il ruolo di amministratore delegato.
L’ing Nicola Romeo era riuscito fra i primi del Novecento e la Grande Guerra a sviluppare un ambizioso progetto industriale e a costituire un rilevante polo industriale, grazie allo spirito d’intraprendenza e alle esperienze di lavoro maturate in paesi del Nord Europa. A sostenerlo furono personalità politiche del calibro di Francesco Saverio Nitti, convinto assertore dello sviluppo industriale dell’Italia e Angelo Pogliani, direttore della BIS. Il complesso di imprese dell’ing. Romeo comprendeva il settore automobilistico, quello ferroviario e quello meccanico. Era di fatto un terzo polo industriale fra i Perrone di Genova e gli Agnelli di Torino.
Nicola Romeo, convinto che l’elettrificazione della rete ferroviaria italiana avrebbe portato notevoli profitti alle sue imprese, individuò nello stabilimento di Saronno il sito industriale di punta, in grado di reggere il processo di innovazione in corso. La costruzione di elettromotori nello stabilimento saronnese era già iniziata prima della Grande Guerra; Nicola Romeo trovò nello stabilimento di Saronno – ammodernato nella sua struttura con impegnativi investimenti negli anni successivi al conflitto – quelle competenze professionali indispensabili per lo sviluppo di locomotive elettriche.
L’ing. Romeo si avvaleva della consulenza di Lello Pontecorvo, ingegnere elettrotecnico di grande competenza che aveva lavorato con l’ingegnere ungherese Kàlmàn Kandò, un tecnico di fama internazionale, che si era particolarmente distinto nello sviluppo della trazione elettrica e nella progettazione di elettromotori in Italia, prima della Grande Guerra. Diventato a sua volta consulente dell’ing. Romeo, Kandò partecipò alla progettazione di 15 locomotive trifasi destinate all’impiego su ferrovie di montagna, facenti parte di una commessa delle Ferrovie dello Stato del 17 gennaio 1920 (denominate FS E.552.001-015).
Superata l’estate del 1920, quando la vertenza dei metallurgici sfociò nell’occupazione delle fabbriche, drammatica vicenda in cui fu coinvolto anche lo stabilimento saronnese, la costruzione delle locomotive riprese e gli elettromotori costruiti a Saronno entrarono in esercizio fra il 1922 e il 1923.
Sulla scia della prima commessa, l’ing. Romeo firmò nel giugno del 1922 un contratto, sempre con le Ferrovie dello Stato, per la consegna nell’arco di un anno e mezzo di un locomotore denominato E471, “bifrequenza ma solo trifase”, che avrebbe dovuto funzionare su “due distinte reti di distribuzione dell’energia elettrica, sovrapposte, ma separate, una alla frequenza abituale per gli usi industriali (da 42 a 50 Hz, secondo le località) e un’altra specifica per l’uso ferroviario, a frequenza molto più bassa” (cfr. E. Mascherpa, E 471. Locomotive da sogno, … p. 20).
Kandò, nonostante quanto previsto dal contratto, mantenne nel progetto dei locomotori E 471 l’alimentazione monofase a 45 o 50 Hz, “sicuro che col tempo questo sistema di trazione elettrica si sarebbe affermato e sarebbe prevalso su tutti” (cfr. E Mascherpa, cit. …, p. 20.).
Le scelte di Romeo che assecondava i progetti innovatori di Kandò trovarono molti ostacoli: dalle difficoltà tecniche, ai costi di produzione eccessivi, ai ritardi nella messa a punto del prototipo. In realtà, la scelta di Kandò si rivelò eccessivamente in anticipo sui tempi, i meccanismi di funzionamento per un elettromotore multitensione e multifrequenza, quando ancora l’elettronica era agli albori, risultarono difficili e complessi. Inoltre, l’elettromotore così prefigurato entrò in conflitto con la politica industriale delle Ferrovie dello Stato che si erano indirizzate verso una scelta ecclettica: la penisola fu elettrificata in tre fasce e fu esclusa la corrente monofase a frequenza industriale.
Nella primavera del 1929 le Ferrovie dello Stato rescindono il contratto con la CEMSA. Per l’azienda saronnese fu un tracollo economico da cui non riuscirà a riprendersi fino al fallimento. Romeo pagò a caro prezzo la sfida tecnologica dell’ingegnere.
Nel corso degli anni successivi intervenne l’IRI che dopo aver risanato finanziariamente l’azienda la cedette al gruppo Caproni. Lo stabilimento saronnese poté così riprendere l’attività produttiva nei settori di specializzazione della nuova società, che destinò lo stabilimento saronnese alla produzione di armi e motori per camion.
Terminava non solo una storia industriale, ma anche un fortunato momento per Saronno. Il prestigio di cui godeva la CEMSA e l’ing. Romeo negli anni Venti si erano riverberati in modo significativo sulla città, affermatasi come uno dei centri produttivi di maggior rilievo della provincia di Milano.
Fra gli episodi meritevoli di essere ricordati vi fu il concorso promosso dall’amministrazione comunale per la realizzazione di un monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Fu designato a presiedere la Commissione esaminatrice del concorso il presidente della CEMSA e critico d’arte del “Corriere della sera”, Ugo Ojetti. Componevano la commissione l’architetto Giulio Arata e lo scultore Adolfo Wildt. Ojetti preferì l’opera proposta dallo scultore Libero Andreotti a quella di un giovane artista locale, Francesco De Rocchi, che in quegli anni incominciava a muovere i suoi primi passi.
Dirigenti, tecnici e operai della CEMSA godono in quegli anni di grande considerazione nel mercato del lavoro di Milano e provincia. All’apice della notorietà lo stabilimento è visitato abitualmente da tecnici di chiara fama e da politici prestigiosi, oltre che delegazioni straniere. Nel 1925, l’on. Belluzzo, ministro dell’economia e dell’industria, rinomato ingegnere e professore del Politecnico di Milano, si reca allo stabilimento di Saronno per premiare con l’ onorificenza per meriti del lavoro, di fronte alle autorità comunali e prefettizie, gli “operai Ignazio Berretta, Giuseppe Cremona e Emilio Reina”.
Fonti:
“Corriere della Sera”, 3 marzo 1923.
Nel Campo dell’industria, “Corriere della Sera”, 24 dicembre 1925.
E. Mascherpa, E 471. Locomotive di sogno,Rovereto, Nicolodi Editore, 2005.
Archivio Libero Andreotti, Comune di Pescia.