Oggi 28 Febbraio 2023 sembra che il mito Isotta Fraschini possa rinascere. Nella storica cornice dell’ACI di Milano è stata presentata infatti una nuova vettura da competizione, la Isotta Fraschini TIPO 6 costruita a Padova da Michelotto e curata dalla squadra inglese Vector Sport. Il programma prevede la partecipazione il 9 Luglio di quest’anno alla 6 ore di Monza per poi puntare alla 24 ore di Le Mans.

La nuova Isotta Fraschini TIPO 6 Competizione presentata a Milano il 28 Febbraio 2023

Vogliamo prendere spunto da questa notizia per ricordare il “mito Isotta Fraschini”.

A Saronno lo stabilimento di via Milano dell’Isotta Fraschini iniziò ad operare a partire dagli inizi degli anni ’30.
La storia saronnese dell’azienda ebbe inizio quando Cesare Isotta e i fratelli Fraschini, che avevano fondato la società a Milano nel 1900, si erano già ritirati. In ogni caso la “meravigliosa avventura” che li aveva visti protagonisti avrebbe impresso un marchio indelebile generando un forte senso di appartenenza nei dipendenti. Aver lavorato all’ Isotta Fraschini – anche in epoche più recenti – significava in un certo senso aver fatto parte di quel “mito”.

Cesare Isotta, i fratelli Fraschini e l’inizio di un’avventura

Oreste Fraschini nacque a Milano il 15 Luglio 1867; apparteneva a una famiglia agiata ma non ricca. La sua grande passione era la meccanica. Morto il padre toccò a lui occuparsi dell’azienda di famiglia che operava nel settore della “pelatura del riso”; Oreste Fraschini pensò di cambiare settore e – insieme al fratello Antonio e all’amico Rusconi – diede vita ad una fabbrica di laminazione di metalli non ferrosi, la Rusconi & Fraschini.
Fu Vincenzo, il minore dei maschi dei fratelli Fraschini, a conoscere per primo l’avvocato Cesare Isotta. Entrambi erano appassionati di motori e partecipavano come piloti a varie gare. L’amicizia si estese anche agli altri due fratelli Fraschini.

Il 27 Gennaio 1900, Cesare Isotta e i tre Fraschini (Oreste, Antonio e Vincenzo) fondarono una società in accomandita semplice, la Società Milanese Automobili Isotta, Fraschini & C.; ci furono altri tre soci: Riccardo Bencetti, Ludovico Prinetti e Paolo Meda, quest’ultimo amico da tempo di Oreste Fraschini e a lui accomunato dalla passione per le automobili.
L’amicizia fra Cesare Isotta e i Fraschini presto diventò qualcosa di più. Nel 1902 Antonio Fraschini e Cesare Isotta sposarono due sorelle, rispettivamente Carla e Maria Bianchi Anderloni e nel 1907 Vincenzo sposò Dolinda, “la più vivace delle sorelle Bianchi Anderloni” che fu fra le prime donne in Italia a prendere la patente di guida.

da sinistra: Cesare Isotta, Vincenzo Fraschini e Oreste Fraschini

I soci fondatori iniziarono la loro avventura nel mondo delle auto occupandosi dapprima della vendita di vetture Renault con motore De Dion e successivamente dell’assemblaggio delle stesse vetture francesi, traendo in tal modo vantaggio dai dazi doganali più favorevoli.
Ben presto l’azienda cominciò a progettare auto in proprio sotto la direzione tecnica di Giuseppe Stefanini che a partire dal 1905 fu affiancato dal giovane Giustino Cattaneo di Vicenza, un tecnico che avrebbe avuto un ruolo importante nel successo dell’azienda nel settore automobilistico. Resterà in IF fino al 1933.
La prima sede dell’Isotta Fraschini & C. si trovava in via Melzi a Milano e la prima vettura realizzata in proprio fu nel 1903 una 24 HP con motore a quattro cilindri; l’auto con la guida di Vincenzo Fraschini s’impose in molte competizioni e conquistò l’attenzione del pubblico.
Nel 1904 venne costituita la S.A. Fabbrica Automobili Isotta-Fraschini che aprì uno stabilimento in via Monterosa a Milano. Presidente fu nominato il senatore Giuseppe Colombo, Direttori Cesare Isotta e Vincenzo Fraschini. Il catalogo comprendeva già tre modelli: la 12 HP, la 16 HP e la 24 HP.


Nel 1905 fu realizzata la “Tipo D”, la prima vettura ideata per le competizioni automobilistiche e dotata di un motore di ben 100 HP che partecipò alla Coppa Florio dello stesso anno, anche se con poco successo.

Isotta Fraschini Tipo D (1907)

La carenza di capitali si fece sentire e nel 1907 fu concluso un accordo con la società francese Lorraine Dietrich che – oltre a fornire capitale fresco – mise a disposizione la sua organizzazione di vendita in Europa.
Sull’ onda dei successi sportivi, l’Isotta Fraschini aumentò le sue esportazioni soprattutto in America.
Le sue automobili erano diventate delle vere e proprie leggende grazie alla loro eleganza, al tratto sportivo. L’Isotta Fraschini diventò uno dei tre marchi più famosi al mondo nella produzione di vetture di lusso insieme alla Hispano Suiza e alla Rolls Royce.
Elemento distintivo nelle auto IF era la “dea alata” sul cofano.


Nel 1908 venne prodotta la Tipo FE.
Negli Stati Uniti una vettura della casa milanese stabilì il record di velocità media di 105 km/h e tre sue vetture (modello IM) parteciparono anche alla 500 miglia di Indianapolis.
Nel triennio 1911-1914, un’automobile sportiva (la “Tipo KM”) fu tra le prime al mondo ad essere dotata di freni sulle ruote anteriori, un’idea questa di Oreste Fraschini. La “Tipo TM” del 1912 fu l’ultima vettura che l’Isotta Fraschini produsse prima dell’inizio del primo conflitto mondiale e nel 1913-14 partecipò alle gare di Indianapolis guidata dal leggendario pilota Teddy Tetzlaff.

Durante il periodo di guerra, l’Isotta Fraschini iniziò anche la costruzione di autocarri e di motori per aerei e per la marina; suoi furono i motori montati sui motoscafi armati siluranti, i MAS, impiegati fra l’altro nella famosa “beffa di Buccari” (1918) (a bordo di uno dei due MAS c’erano Gabriele D’Annunzio e Costanzo Ciano). Durante la prima guerra mondiale l’intera produzione fu dedicata ai prodotti bellici. Venne progettato un motore da 150 cavalli per l’Aviazione Militare che fu installato sul veivolo Albatros del comandante Miraglia che con esso realizzò il primo volo di guerra a Pola. Lo stesso motore fu anche montato sul “Caproni 450”, il famoso aereo di bombardamento della Grande Guerra.
La crisi mondiale fece sentire i suoi effetti e riprendersi nel dopo guerra non fu facile.
Nonostante la crisi, le sorti dell’azienda furono salvate grazie alla realizzazione di una vettura “rivoluzionaria”, la Tipo 8 ihe fu introdotta nel 1919 e fu la prima auto a 8 cilindri dnella storia dell’automobile. Andando controcorrente i nuovi responsabili dell’Isotta Fraschini presero una decisione coraggiosa: concentrare tutta la produzione su un unico modello di auto di gran lusso e metterla in commercio a un prezzo elevato, circa 250.000 lire, molto al di sopra del prezzo delle Rolls Royce. L’auto Isotta Fraschini divenne un’icona. Nel 1920 fu l’auto straniera più venduta negli Stati Uniti.

Di Tipo 8 se ne costruirono tre versioni: la TIPO 8 (1919-24), la 8 A (1924-31), la 8 B (1931-36).
Il poderoso 8 cilindri aveva una cilindrata di 5.901 cm³ che erogava una potenza tra i 75 e gli 80 CV a circa 2200 giri al minuto per una velocità stimata di 125 km/h; in seguito la potenza venne incrementata fino a 90 CV e la velocità massima raggiunse circa 140 km/h. Nelle prime versioni il cambio era a 3 marce, sostituito poi sulla 8B da un 4 marce.
Nelle due serie successive la cilindrata salì a 7370 cm³ e la potenza arrivò a 160CV che consentiva una velocità di 150 Km/h.
Come tipicamente avveniva all’epoca, la Tipo 8 veniva venduta sotto forma di autotelaio nudo ed era poi cura degli acquirenti far completare la vettura da carrozzieri di fiducia.
La 8 A fu presentata al salone dell’ Automobile di Parigi del 1924 e sbalordì immediatamente per la raffinatezza delle finiture e la sua eleganza. Se ne produssero circa 1000 unità di cui due terzi venduti in USA. Si racconta che un Marajà si fece costruire una Tipo 8 con interni in legni pregiatissimi, maniglie e finiture in oro zecchino 24 carati e avorio. Non si sa se fosse solo una favola, ma contribuì enormemente alla fama e prestigio della casa milanese. Per un decennio la Tipo 8 si affermò grazie anche a famosi carrozzieri italiani che ne progettarono varie versioni  (Carrozzerie Castagna, Cesare Sala, Figoni & Falaschi, Stabilimenti Farina).

 

Isotta Fraschini Tipo 8A

Isotta Fraschini 8 Torpedo-Bateau con carrozzeria di Cesare Sala

Nel 1921 Oreste Fraschini morì; l’anno dopo l’Isotta Fraschini registrò una perdita di 1.750.000 lire. Cesare Isotta ed i fratelli Fraschini lasciarono l‘azienda.
Entrarono nuovi capitali fra cui quelli del conte Ludovico Mazzotti che divenne presidente; Giustino Cattaneo continuò a guidare lo sviluppo tecnologico e la progettazione.

L’azienda aprì negozi e rappresentanze in tutto il mondo (Parigi, New York, Londra, Bruxelles, Madrid, Basilea, San Paolo, Buenos Aires e Santiago del Cile).
Ormai le auto Isotta Fraschini stavano diventando dei riferimenti in fatto di eleganza, velocità e lusso. La “Tipo 8” e le sue successive versioni divennero le “auto più desiderate al mondo”.
Enzo Ferrari, allora giovane pilota, scelse un’auto Isotta Fraschini per disputare tre corse automobilistiche: la Parma – Poggio di Berceto, il Circuito del Mugello e la Coppa della Consuma. Anche Alfieri Maserati guidò una Isotta Fraschini.

Isotta Fraschini Tipo 8A S-Le Baron – Boottail esposta a Las Vegas

 

In Italia molte personalità legarono il loro nome a quello dell’Isotta Fraschini: Benito Mussolini, Umberto di Savoia, Gabriele D’Annunzio, lo zar di Russia, l’ attore Rodolfo Valentino, Papa Pio XI a cui l’Automobile Club d’Italia di Milano regalò una Isotta Fraschini.

In una lettera all’onorevole Prospero Gianferrari dell’ Isotta Fraschini Gabriele D’Annunzio si lamentava della velocità della sua vettura personale (soprannominata “Papessa” in virtù dei colori bianco e giallo): “Carissimo Prospero, la Papessa è ormai ammirata in ogni parte e acclamata dalle folle in ogni via… Ma alla potenza del motore talvolta non risponde l’impeto pronto della velocità. Forse mi sarà utile che tu esamini ogni congegno perché tanta magnificenza è degna della massima perfezione”. La vettura in questione era una “Tipo 8B” con telaio 1410 che, nonostante la critica di d’Annunzio, era in grado di raggiungere la velocità di 150 km/h.

La visita di Gabriele D’Annunzio alla fabbrica IF; da sinistra l’Ing. Giustino Cattaneo, Gabriele D’Annunzio, Vincenzo e Oreste Fraschini

Essendo l’America il principale paese importatore di auto Isotta Fraschini, la crisi del 1928-29 decretò il tracollo dell’azienda. Il capitale dai 60 milioni di lire del 1924 passò a 9 milioni di lire.
Il conte Mazzotti iniziò delle trattative con la Ford che voleva insediarsi in Italia, ma tutto andò in fumo per la forte protesta della FIAT di Giovanni Agnelli che sollecitò il Governo a vietare l’operazione che avrebbe potuto indebolire la posizione della Fiat in Italia e in Europa. Fu promulgata la legge Gazzera che vietava “nuovi impianti di fabbriche o ampliamenti di quelle esistenti senza previo consenso del Ministero della Guerra”.

Nel 1932-33 la proprietà dell’Isotta Fraschini passò al Gruppo di Giovanni Caproni, che decise di non dare seguito alla realizzazione della seconda versione della Tipo 8 per concentrarsi sulla produzioni di motori diesel su licenza della tedesca MAN. Giustino Cattaneo lasciò l’azienda e fu sostituito dall’ Ing. Merosi che aveva lavorato in Alfa Romeo e alla Bianchi. Direttore Generale divenne Prospero Gianferrati anch’egli proveniente dall’Alfa Romeo.
Nella prima metà degli anni ’30 vennero creati gli stabilimenti Isotta Fraschini di Saronno e di Cavaria Oggiona. La produzione fu dedicata esclusivamente al settore militare, compresi motori aeronautici, motori marini e autocarri con cabina progettata da Zagato. Il mito automobilistico della “dea alata” era finito e di esso rimase solo un bellissimo ricordo.

Nel 1933 i venticinque velivoli SIAI-Marchetti S.55X che presero parte alla Crociera aerea organizzata da Italo Balbo da Orbetello a Chicago e ritorno, furono tutti equipaggiati con motori Isotta Fraschini Asso 750.

Nel 1943, con un organico di circa 10.000 operai ripartiti negli stabilimenti di via Monterosa a Milano, di Saronno e di Cavaria Oggiona, si producevano ogni mese all’incirca 150 motori aeronautici, 20 motori marini per aerosiluranti, 250 mitragliatrici, 40 autocarri, una quantità imprecisata di semilavorati, fucinati e fusi di grande qualità, forniti anche ad altre industrie. Durante la guerra molte produzioni furono trasferite da via Monterosa a Saronno, come misura precauzionale in considerazione dei frequenti bombardamenti a Milano.
Finita la 2^ guerra mondiale il tentativo di riconversione al settore civile e in particolare il ritorno al settore automobilistico non ebbe successo. Furono assunti noti tecnici come Fabio Luigi Rapi (designer), Alessandro Baj (progettista) e Aurelio Lampredi (quest’ultimo proveniente dalla Ferrari), e nel 1947 fu progettata la Isotta Fraschini “8C Monterosa” con un motore da 8 cilindri allocato posteriormente. Se ne costruirono pochi esemplari con carrozzerie di Zagato, della Boneschi e della Touring.
Per Gianni Caproni, proprietario dell’Isotta Fraschini, si trattò di un altro tentativo andato a vuoto; anche con la CEMSA di Saronno aveva tentato una riconversione nel settore auto con la vettura f11 progettata dall’ ing. Antonio Fessia e da Nuccio Bertone.
Va ricordato che – forse a causa dei legami (veri o presunti) del Gruppo Caproni con il regime fascista – l’Isotta Fraschini fu tra le poche aziende a non ricevere alcun contributo dalla Stato per la riconversione industriale.

 

Isotta Fraschini 8C Monterosa (1947)

Il 25 Febbraio 1948 l’Isotta Fraschini fu messa in amministrazione controllata dal Fondo per il Finanziamento dell’Industria Meccanica, il principale creditore, e il 24 Settembre 1949 fu nominato il liquidatore giudiziale.

Si chiuse così tristemente la vicenda di questa favolosa Casa che diede lustro e fama all’Italia.

Lo stabilimento di Saronno rimase aperto con circa 300 dipendenti.

Il film hollywoodiano ” Il Viale del Tramonto” di Billy Wilder fotografa con un pizzico di malinconia la fine dell’epoca Isotta Fraschini: uno chauffeur con grande sussiego guida una Isotta Fraschini 8A Landaulet, “l’ultimo segno di distinzione per una ricchissima famiglia americana che continuava ad usare quest’auto, ormai demodée, come segno che li distaccava da una società moderna che avanzava ma nella quale “loro” non volevano identificarsi e con la quale non volevano confondersi!”