Origini dell’amaretto
Origini dell’amaretto, “la marmelada del Lazzaron” e un ricordo del “scior Mario”
I biscotti «amaretti» e il liquore amaretto hanno reso famoso il nome di Saronno nel mondo; la loro origine è lontana nei tempi e avvolta dalla leggenda.
Cominciamo con l’amaretto liquore.
Le sue origini risalgono alla metà del ‘500 e hanno a che fare con il pittore leonardesco Bernardino Luini, nato nel 1481 e morto nel 1582.
Il Luini fu chiamato a dipingere nel Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno la Madonna e l’Adorazione dei Magi. Il santuario era stato eretto nel 1498.
Secondo la leggenda, il pittore soggiornò presso una locanda, allietato dalla bellezza della locandiera di cui si sarebbe innamorato.
La volle anche come modella per la rappresentazione della Madonna.
La locandiera per ringraziarlo di tanto onore, gli preparò un elisir di mandorle amare, zucchero tostato e brandy, l’antenato del moderno liquore amaretto.
Oggi a Saronno sono ancora presenti due aziende che producono il liquore amaretto:
- La ILLVA (Industria, Lombarda, Liquori, Vini & Affini, di proprietà della famiglia Réina, che lo produce con il marchio Disaronno Originale.
- La Paolo Lazzaroni & Figli, che lo commercializza con il marchio Amaretto Lazzaroni 1851
Relativamente più recente è invece la nascita del biscotto «amaretto».
La leggenda vuole che nel 1718 il Cardinale di Milano Benedetto Erba Odescalchi, decise di recarsi in visita al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno.
In onore della sua visita una giovane coppia preparò un impasto a base di zucchero, armelline e bianco d’uovo che, fatto lievitare in forno, diede origine a dei biscotti tondi che vennero chiamati appunto «Amaretti».
Le armelline ossia i semi dei noccioli dell’albicocca – opportunamente macinate – furono gli ingredienti che diedero quel gusto amarognolo che sarebbe divenuto la nota distintiva degli amaretti di Saronno.
Un’altra vicenda curiosa fu quella che interessò i Saronnesi durante la 2^ Guerra mondiale e che tutti ricordano come “la marmelada del Lazzaron”.
Durante la guerra ci fu una carenza di albicocche; ciò avrebbe potuto compromettere la produzione degli amaretti facendo mancare le armelline, ingrediente fondamentale nella preparazione di questi biscotti.
La Lazzaroni pensò allora di motivare tutta la popolazione a piantare e coltivare piante di albicocche nel proprio orto o giardino. La proposta era semplice: dopo aver mangiato i frutti bastava raccogliere i noccioli, estrarre da essi i semi e portarli alla Lazzaroni. L’ Azienda avrebbe acquistato le armelline.
Veniva anche invogliato l’uso dei soldi ricevuti per comprare altre albicocche dal fruttivendolo del paese e riiniziare il ciclo.
Ovviamente per utilizzare la grande quantità di albicocche di cui ogni famiglia disponeva il metodo fu uno solo: fare una grande quantità di marmellate che la gente del posto chiamava appunto “la marmelada del Lazzaron”.
Vogliamo adesso parlarvi di Mario Lazzaroni.
Dei membri della famiglia Lazzaroni i cittadini di Saronno con età dai 60 anni in su ricordano soprattutto e con tanto affetto proprio Mario Lazzaroni. Quando morì nel 1982 all’età di 86 anni lasciò un grande vuoto.
Vogliamo ricordare il «scior Mario» come affettuosamente lo chiamavano tutti, riportando alcuni brani tratti dal volume di Giuseppe Radice “Saronno da ricordare” pubblicato nel 2012.
Mario Lazzaroni è stato un personaggio unico… un instancabile lavoratore…
Molto spesso gli capitava di staccare dall’ufficio alle 19 e di ritornarvi alle 21.
L’autista, certo Giovanni Airoldi, che accompagnava il «Scior Mario» nell’andirivieni dalla propria abitazione di via Carcano sino allo stabilimento sito ai confini con Uboldo, scaricava e caricava dalla vettura valigie colme di carteggi e documenti vari che il Cavaliere leggeva e rileggeva in ufficio…..
Giuseppe Radice ricorda poi quanto grande fosse la sua attenzione per i dipendenti:
- il primo stipendio di un nuovo dipendente veniva consegnato personalmente dal Cavaliere nel suo ufficio,
- un vassoio d’argento veniva donato a ogni dipendente che si sposava e anche in questo caso il tutto avveniva nel suo ufficio,
- una festa di ringraziamento veniva dedicata ai dipendenti che andavano in pensione ……
Notevole anche l’impegno di Mario Lazzaroni in aiuto della popolazione saronnese durante il periodo di guerra.
Recentemente Paolo Lazzaroni, figlio di Mario, ha raccontato un episodio fino allora sconosciuto.
«Era la primavera del 1944 e alla Lazzaroni in fabbrica, mandati dalle Acli e dalla Curia, arrivarono per cercare protezione undici giovani ebrei, che erano diretti verso la sicura Svizzera. Ma poco dopo sopraggiunse anche un manipolo di soldati tedeschi guidati da un colonnello». ….
C’era il rischio che i fuggiaschi fossero trovati, perché l’ufficiale voleva a tutti i costi visitare gli impianti dove venivano prodotte le gallette per i soldati.
Era sera. Con uno stratagemma Mario Lazzaroni convinse il colonnello tedesco a restare suo ospite a cena, a trascorrere la notte a casa sua e poi l’indomani mattina visitare lo stabilimento quando questo era in piena attività.
Durante la notte Mario Lazzaroni ritornò in azienda per nascondere i ragazzi in un capannone destinato a contenere le celebri scatole di latta dei biscotti. Dietro era già stata nascosta un’auto, un’Aprilia a sette posti; i giovani trovarono posto in parte sui sedili, in parte fuori dalla vettura ma nascosti dalle scatole.
Non furono trovati e poi – scampato il pericolo – furono portati al confine elvetico con un camion. Erano riusciti a mettersi in salvo».