La Lazzaroni non fu tra le prime aziende in Italia a introdurre le scatole di latta per i suoi biscotti; esse però si distinsero per la loro eleganza. Le illustrazioni venivano scelte con attenzione, spesso dai vertici dell’azienda; è nota la meticolosità di Mario Lazzaroni in questo lavoro. Prima della Lazzaroni, a utilizzare le scatole metalliche erano state ditte come la Caffarel Prochet (fondata nel 1826), la Michele Talmone (1850), la Moriondo e Gariglio (1850), la Baratti e Milano (1858), la L. Leone (1875), la Silvano Venchi (1878) e la De Coster (1880).
Al Museo delle Industre e del Lavoro del Saronnese sono conservate 85 scatole delle 380 che si ritengono costituiscano la collezione completa. La gran parte è custodita presso la Collezione privata della famiglia Lazzaroni (Associazione Mario Lazzaroni). Le scatole di latta che si trovano al MILS coprono un periodo che va dal 1888 al 2000 circa.
Un viaggio attraverso le scatole della Lazzaroni
Le scatole riproducono in litografia una variegata serie di soggetti diversi.
Hanno varie forme: rettangolari, quadrate, circolari, cilindriche o addirittura – in linea con la moda dei tempi – si trasformano in giocattoli pieni di deliziosi biscotti. C’era anche una scatola a forma di canestro con due comodi manici.
Numerose le scatole con immagini che hanno come protagonisti i fiori, gli animali, figure di bimbi e immagini di donne.
Ci sono poi le scatole raffiguranti splendidi imbarcazioni, compresa la riproduzione del veliero Menabrea della Compagnia Rubattino che già a fine ‘800 esportava i prodotti Lazzaroni oltreoceano. L’illustrazione era un tributo alla vocazione dell’azienda all’esportazione.
Non mancano le scatole che raffigurano scene di vita quotidiana
Ci sono poi i paesaggi e gli scorci di città e fra queste Milano è la più ricorrente
C’è attenzione anche allo sport con immagini legate allo sci, all’ippica, al ciclismo
Caratteristiche sono le riproduzioni di famose opere d’arte; troviamo ad esempio le copie di un ritratto di donna di Modigliani e di un quadro di Van Gogh e le riproduzioni di alcune immagini degli affreschi di Bernardino Luini e di Gaudenzio Ferrari del Santuario di Saronno.
Alcune scatole richiamano le favole
Non possono poi mancare le scatole con un chiaro riferimento al contesto politico del tempo
Originale è infine una scatola dedicata all’amore con la scritta “Bastava che s’incontrassero ogni giorno per essere felici ….. Lo furono per tutta la vita.”
Le scatole Lazzaroni hanno fatto il loro ingresso anche nella letteratura e a cinema
Le troviamo nei romanzi di Rosetta Loy (La bicicletta, 1974), di Margaret Mazzantini (Il catino di zinco, 1994), di Andrea Camilleri (La caccia al tesoro, 2010, con protagonista il commissario Montalbano) e gli amaretti di Saronno sono citati nel libro “Abissinia” di Giuseppe Vigoni. Appaiono anche in film come “Harry Potter e i Doni della morte – Parte 1” e nella serie “The facts of life” (in italiano “L’albero delle mele”).
Si racconta anche di una scatola che causò qualche problema a un esercente di Roma
Infine ci piace riportare un aneddoto raccontato dallo scrittore e saggista Ludovico Fulci:
Siamo nel 1936 e in tutta Italia si celebrava la proclamazione dell’impero; nelle vetrine dei negozi venivano esposti i ritratti dei due registi della politica italiana del tempo, Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini.
All’epoca le vetrine “reclamizzavano” prodotti e in particolare nella Torrefazione del signor Postiglione di via Tagliamento 88 a Roma (quartiere Trieste) venivano pubblicizzati i biscotti della nota azienda di Saronno con lo slogan “questi sono i veri Lazzaroni italiani”.
Il problema fu che la scritta campeggiava su una scatola di biscotti posta fra le due foto del re e di Mussolini.
Qualcuno chiamò i carabinieri e il sig. Francesco Postiglione passò un brutto momento anche se alla fine riuscì a dimostrare la propria buona fede e a scagionarsi.
A Saronno le scatole di latta si fabbricavano anche !
La ditta Ebi Butti di Saronno fornì per lungo tempo le scatole di latta alla Lazzaroni, ma anche alla Doria e alla Colussi.
L’azienda nacque agli albori del secolo scorso a Saronno quando, nel 1903, Edoardo Butti iniziò artigianalmente l’attività di lattoniere. EBI è l’acronimo di Edoardo Butti Italia.
Ben presto individuò nella fabbricazione di contenitori in banda stagnata per uso alimentare una vera e propria specializzazione, che lo portò a divenire uno dei più importanti fornitori di scatole di latta per biscottifici .
L’azienda è oggi tuttora operativa a Saronno in via Ungaretti (zona viale Lombardia); è specializzata nella deformazione a freddo della lamiera. E’ caratterizzata da un’alta automazione e si occupa della lavorazione di lamiere, imbutitura, stampaggio di metalli a freddo e della produzione di quadri elettrici di comando e controllo. I settori d’interesse sono tre: l’“automotive”, le macchine agricole, le cassette per quadri elettrici. Ha un fatturato di circa 10 milioni di Euro (dato 2021) e 31 dipendenti (dato 2020).