Il Giorno della Memoria è stato celebrato Martedi 25 Gennaio nell’Aula Magna del Liceo Scientifico G.B. Grassi di Saronno. L’uditorio è stato ampio; ai cittadini presenti in sala infatti si sono uniti gli studenti collegati da remoto nelle proprie classi. Collegati anche l’Itis Riva e le Orsoline. Come sottolineato dal Prof. Nigro nel suo successivo intervento, si è voluto in questa maniera mettere in risalto come un approccio intergenerazionale possa servire a mantenere vivo il ricordo di un tremendo passato ed essere da antidoto all’indifferenza e alla caduta di attenzione che si va riscontrando da qualche anno nei riguardi del Giorno della Memoria.
Ha fatto gli onori di casa la Prof.ssa Mara Girola, Dirigente Scolastico del Liceo Grassi, che ha evidenziato il significato della giornata, un “momento di riflessione critica sul passato per capire meglio il nostro presente” e ha voluto ringraziare il Comune di Saronno per il patrocinio e gli altri co-organizzatori dell’evento (il Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese, la Società Storica Saronnese, la Sezione di Saronno dell’ ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e l’ANED (Associazione Nazionale ex Deportati nei campi nazisti). “Un particolare ringraziamento al Prof. Nigro, Direttore del MILS, che ha messo insieme il programma della giornata, assicurando l’intervento di prestigiosi relatori. I tre interventi di oggi – ha detto la Prof.ssa Girola – offrono una panoramica completa dell’antisemitismo in Italia partendo dall’analisi a livello nazionale con il Prof. Sarfatti, passando a una prospettiva a livello provinciale (Varese) con il Prof. Laforgia per infine analizzare quanto avveniva a Saronno con il Prof. Nigro”.
Fra il pubblico il Sindaco e il Vice Sindaco di Saronno, Augusto Airoldi e Laura Succi, che hanno portato i saluti dell’Amministrazione, il Presidente del Consiglio Comunale di Saronno, Pierluigi Gilli, e il Sindaco di Caronno Pertusella, Marco Giudici.
M. Sarfatti: “Ebrei italiani, da cittadini a deportati”
Michele Sarfatti, già Direttore del Centro di Documentazione Ebraica di Milano, è uno storico e accademico italiano di storia contemporanea,specializzato nella storia degli ebrei in Italia nel Novecento e nella storia della Shoah in Italia e in Europa.
Il Prof. Sarfatti ha messo in evidenza come la shoah abbia rappresentato uno “tsunami” e ha visto cittadini pienamente integrati nella vita economica e sociale della nazione trasformati in un “improvviso pericolo”, un “problema da risolvere in maniera definitiva” con l’espulsione prima e poi addirittura con lo sterminio.
Le parole simbolo dal ’38 in poi diventano “shoah”, un termine ebraico che indica “distruzione / annientamento” e “endlosung”, un termine tedesco che significa “soluzione finale”.
Il Prof. Sarfatti ha tenuto poi chiarire alcuni punti:
- L’antisemitismo – nato in Germania e poi, “come una pandemia” diffusosi in tutta Europa con alcune eccezioni (come ad esempio Svizzera, Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Svezia) – trova anche motivazioni economiche: il bisogno di addebitare agli Ebrei (chissà perché) la responsabilità dell’impoverimento dell’Europa dopo la crisi di Wall Street del 1929, di trovare un capro espiatorio.
- La shoah è un fenomeno “unico” nella storia dell’umanità perché è unico il “cimitero umano” di Auschwitz, perché nella sua irrazionalità è unica ad esempio la deportazione di 2.000 Ebrei da Rodi in Grecia e poi ad Auschwitz per lì trovare la morte, “uno sterminio organizzato”. “È difficile trovare il senso di tutto questo. In una guerra le navi servono per trasportare rifornimenti, armi e feriti, non per portare persone da un luogo all’altro per poi ammazzarle”, ha commentato il Prof. Scarfatti.
Lo storico ha concluso il suo intervento evidenziando come:
a. Non esiste alcun documento che testimonia una pressione tedesca nell’adozione da parte dell’Italia delle leggi razziali. Fu una scelta di Mussolini e dell’Italia fascista; Hitler non influenzò Mussolini.
b. Sono state a dir poco assurde la tesi di un “razzismo biologico” proclamato nel cosiddetto “manifesto degli scienziati” del 1938 e la pretesa di “arianizzare” la società e creare i ghetti. “L’Italia improvvisamente faceva un tremendo salto indietro negando i principi dell’Illuminismo dell’uguaglianza di tutti i cittadini”.
E. Laforgia: “La fabbrica dell’odio. La propaganda antiebraica nella Cronaca Prealpina”
Enzo Laforgia è uno storico e insegna Filosofia e Storia nei licei; ha svolto e svolge attività di formazione rivolte a docenti e conduce ricerche su alcuni aspetti e problemi della storia contemporanea.
Il Prof. Laforgia ha affrontato nella sua relazione il tema della propaganda antiebraica con una particolare attenzione a ciò che succedeva in un quotidiano storico di Varese, la “Cronaca Prealpina” sotto la direzione prima di Armando Mazza (1931-37) e poi di Niccolò Giani (1937-41).
La Cronaca Prealpina collaborò attivamente alla campagna antiebraica, diventando interprete delle direttive del Ministero della cultura popolare.
Il 1° Gennaio 1937 in prima pagina riprodusse un articolo pubblicato dal Popolo d’Italia, il giornale fondato da Benito Mussolini, col titolo “Il troppo storpia”. La tesi sostenuta era che l’antiebraismo era la conseguenza di un “eccessivo ebraismo” e di una “presenza divenuta eccessivamente ingombrante nella società italiana”. “L’antisemitismo – si diceva – è inevitabile laddove il semitismo esagera con la sua esibizione, la sua invadenza e quindi la sua prepotenza”.
L’antiebraismo arrivò inaspettato. Una testimonianza resa nel 1989 da Luciana Nissim confermava che “le leggi razziali arrivarono come un fulmine…. Eravamo del tutto impreparati…”
E’ sempre nel 1937-38 che la propaganda antiebraica fabbricò la teoria di un’occulta regia ebraica intesa ad annientare il mondo occidentale con la complicità del bolscevismo; anche qualche sacerdote (come ad esempio don Walter Oliva) clamorosamente si allineava con questa tesi. Veniva sostenuto che “la stessa religione ebraica era inconciliabile con il fascismo”, si parlava di “minaccia ebraica”, di una “pericolosità contagiosa degli Ebrei” e si ribadiva che l’unica soluzione possibile era quella di “abolire il problema in sé”.
Divenuto direttore della Cronaca Prealpina, Niccolò Giani in un editoriale del 1° Gennaio 1938 parlò di “forze oscure” e ribadì il binomio ebraismo-bolscevismo.
Subito dopo la pubblicazione del 14 Luglio 1938 del cosiddetto ” Manifesto degli Scienziati” i giornali espressero il loro compiacimento per il manifesto; la Cronaca Prealpina titolò con orgoglio “Siamo ariani” ed esaltò l’unicità fra “ariano” e “fascista”. Si organizzarono corsi di formazione sull’antisemitismo. La “questione ebraica” fu trasformata nella “questione e cultura della razza” e ancora una volta si enfatizzò l’assurdo aspetto biologico.
G. Nigro: “Imprenditori ebrei della provincia di Varese di fronte alle leggi razziste ”
Giuseppe Nigro è tra i fondatori della Società Storica Saronnese ed è autore di numerose monografie dedicate alla storia politica, economica e sociale dell’Alto Milanese. E’ Direttore del Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese.
Il Prof. Nigro ha introdotto la sua relazione facendo osservare come per far rivivere questa giornata e assicurare che le tragedie del passato non si verifichino più é necessario innanzi tutto “non fare retorica”.
L’oratore ha affrontato il tema del rapporto fra l’imprenditorialità ebrea locale e le leggi razziste e lo ha analizzato anche attraverso due interessanti casi, quello di Ely Michele (Enrico) Friedmann di Saronno e quello di Flavio Sonnino di Caronno Pertusella; a essi si affianca anche il caso dell’Ing. Riccardo Luzzati, Dirigente delle Ferrovie Nord Milano.
Il Prof. Nigro ha ricordato come la sua ricerca su Friedmann e Sonnino iniziò già nel 1999 attraverso lo studio di alcuni documenti dell’archivio comunale destinati al macero. Il lavoro portò alla realizzazione del volume “Opposte direzioni – Le famiglie Friedmann e Sonnino in fuga dalle leggi razziali”.
Prima di esporre i due casi, il Prof. Nigro – confermando quanto già detto dal Prof. Laforgia – ha voluto sottolineare come per la provincia di Varese non si possa parlare di una comunità ebraica; non esistevano ghetti, gli Ebrei erano non più di 150 e la popolazione locale non aveva affatto “sentimenti antisemitici”.
“C’è nella storia dell’Italia unita un razzismo italiano?”, si è chiesto l’oratore. La risposta è affermativa: il “razzismo italiano” ebbe inizio già con il colonialismo della fine dell’ ‘800.
“C’è una via italiana al razzismo – ha osservato il Prof. Nigro – altrimenti non riusciremmo a spiegarci come nel 1938 le leggi razziali siano state impacchettate così bene».
L’oratore è ritornato poi ad analizzare i casi dei due imprenditori ebrei, entrambi ben integrati nella realtà economica del territorio.
Sonnino fu un industriale che nel 1926 aveva rilevato il Calzificio Nazionale di Caronno Pertusella, facendolo diventare uno dei più importanti stabilimenti italiani per la produzione di calze.
Ely Michele Friedmann fu un cittadino belga diventato direttore dell’azienda Torley di Saronno; ebreo, si era addirittura convertito al cattolicesimo e prima di essere censito come ebreo partecipava abitualmente alle cerimonie del regime fascista.
Nonostante la loro posizione di rilievo nella realtà economica del territorio, sia Sonnino che Friedmann non poterono sottrarsi agli effetti sempre più discriminanti delle leggi razziali volute dal fascismo. Furono costretti a fuggire con le famiglie, i Friedmann verso la neutrale Svizzera e i Sonnino verso il Sud. Il fatto che l’epilogo delle loro fughe non fu tragico quanto il destino di molte vittime della Shoah fu dovuto all’audacia e alla determinazione che entrambi mostrarono e anche alla buona sorte.
Ciò ci fa riflettere – ha continuato il Prof. Nigro – su un altro tema, quello dei “salvati”: l’85% degli Ebrei italiani sono riusciti a salvarsi.
Hanno salvato la vita ma non si sono potuti sottrarre ai tanti soprusi; il figlio maggiore di Friedmann ad esempio fu costretto ad abbandonare l’Università, mentre la figlia minore Alberta poté continuare a frequentare la scuola ma non fu ammessa alle lezioni di educazione fisica, perché ritenuta “non lecita ai non ariani”.
A conclusione della giornata c’è stato il breve intervento di Aurelio Legnani della Sezione di Saronno dell’ANPI che – rivolto soprattutto agli studenti – ha dato testimonianza del proprio vissuto da partigiano e ha spronato i giovani a combattere uniti per gli ideali antifascisti e ogni forma di autoritarismo. “Noi abbiamo fatto tanto per l’Italia, per dare a essa la libertà, per farla rinascere…. Ora tocca a voi.”